Pubblicato sul numero unico "La Filatelia a Settimo Torinese" curato da Gian
Franco Mazzucco, in occasione del 25° Anniversario Fondazione Cral
Antibioticos Sezione Filatelica, nel 2003) |
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Italo Robetti
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MANSIO AD
SEPTIMUN LAPIDEM AB AUGUSTA TAURINORUM
alias
SETTIMO TORINESE |
La località si trovava, e si trova tuttora, a
circa 12 km a nord est di Torino, tra la sponda sinistra dei Po e la destra
dei Sangallo, lungo la strada romana che da Torino portava a Pavia.
Il toponimo Settimo Torinese deriva da Septimum Taurinensem, documentato
esattamente così fin dal 1198, più spesso come Septimo, con omissione del
determinante.
La voce ricorda una "mansio ad septimum lapidem ab Augusta Taurinorum",
posta lungo la strada romana, nel Medioevo 'francexia'. La distanza da
Torino è di qualche centinaio di metri superiore all’equivalente di sette
miglia romane, da cui la denominazione, come per Settimo Rottaro e Settimo
Vittone, questi ultimi però in relazione alla distanza dalla città di Ivrea.
Settimo appartenne ai marchesi di Cirié e nel 1159 fu donata al vescovo di
Torino. Nel 1269 fu data in feudo ad Alberto di Biandrate, poi passò al
marchese dì Monferrato e nel 1435 ad Amedeo di Savoia. Sotto questa casata
seguì, di fatto, le vicissitudini dei capoluogo torinese.
Nel 1599, durante una di quelle frequenti epidemie che colpivano con
frequenza l'Europa (pensate alla peste manzoniana dei 1630), S.A. Carlo
Emanuele emanò un'ordinanza (20.5.1599) con la quale si stabilivano i
tributi che le città, le ville e le terre dello Stato dovevano versare per
collaborare a far fronte al "mai contagioso". Esso imperversava e aveva
costretto le autorità torinesi a trasferirsi in quel di Chieri abbandonando
Torino e, di fatto, a sospendere il più possibile le comunicazioni con gli
altri Stati ed anche all'interno dello stesso Stato.
Il tributo per la comunità di Settimo Torinese fu di soldi 102 e denari 1,
mentre quello per la vicina città di Chivasso (via via Civazzo, Civasso,
Civasco ecc.) fu di soldi 145 e denari 10. Questo per sottolineare la
differente importanza tra le due comunità. Chivasso era più popolata ed
anche nei successivi sviluppi postali ebbe un servizio molto prima di
Settimo Torinese. Nel 1772, infatti, risultava già funzionante in Chivasso
un servizio per la posta delle lettere.
L'importanza di Settimo consisteva soprattutto nella sua posizione. Nel
Regio Editto per il regolamento della Posta delle lettere e dei cavalli dei
14 gennaio 1720 Settimo era. sede di una stazione della "posta" dei cavalli,
come prima tappa della gran rotta maestra da Torino a Vercelli (il novarese
e il milanese erano all'estero).
Nel Manifesto del Conservatore generale delle poste "per lo stabilimento
della cambiatura o sia mezzo posta" sulla rotta di Vercelli, a una posta da
Torino si trovava Settimo Torinese, da cui, dopo un'altra posta, si giungeva
a Chivasso. La situazione si evidenzia con maggior chiarezza grafica nella
cartina tratta dalla "Guida per il viaggio d'Italia in posta" dei 1793. |
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Proprio in quegli anni, e più precisamente nel
1792, ebbero luogo le prime vittorie militari dell'esercito rivoluzionario
francese. Il 22 settembre (tra l'altro il primo giorno dei calendario
repubblicano) il Generale de Montesquiou con il consenso più o meno tacito
della Convenzione, penetrava nella Savoia sollecitando gli abitanti a
liberarsi dal giogo del tiranno piemontese; contemporaneamente il Generale
Anselmi invadeva la Contea di Nizza.
Vittorio Amedeo III, uno dei primi sovrani a trovarsi in guerra con la
Francia del Direttorio, disponeva i vari spostamenti delle truppe sul
territorio.
Un interessante e raro documento, sicuramente trasportato da una staffetta
militare e quindi non viaggiato per i normali canali postali, è quello che
presentiamo con la firma autografa di Vittorio Amedeo. |
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Il sovrano aveva disposto in precedenza, "con
Biglietto nostro 20 dello scaduto" ottobre che il Reggimento Provinciale di Susa, comandato dal marchese di Salicetto, andasse in accantonamento tra
Costigliole di Saluzzo e Busca. La situazione stava però precipitando e
Robespierre si stava rafforzando. Non si esclude un certo timore personale
del Sovrano che cambiò idea e invitò il Colonnello dei Reggimento di Susa a
cambiare programma, invitandolo a costituire una guarnigione a difesa di
Torino. Questo messaggio dell'8 novembre 1992 fu fatto pervenire al
destinatario nella località in cui avrebbe dovuto trovarsi il 9 novembre,
nel corso del suo trasferimento, e cioè nella “Tappa di Settimo". |
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Anche se è minimo l'aggancio con Settimo
Torinese, il documento mi è parso particolarmente interessante e degno di
essere portato a conoscenza dei soci.
Successivamente la storia di Settimo coincise con quella della capitale.
All'arrivo dei francesi, con le ben note peripezie della Nazione piemontese,
si giunse all'annessione del territorio alla Repubblica francese e poi
all'impero francese, nel dipartimento dell'Eridano poi nominato dipartimento
del Po.
Postalmente gli abitanti di Settimo dipendevano dall'ufficio centrale di
Torino ed era quindi necessario recarsi, per la più a mezzo trainato da
cavalli, nella centrale piazza del Castello della capitale, al cui retro si
trovavano tutti gli uffici relativi.
Con la Restaurazione dei 1814 e la politica postale governativa, tesa
all'incremento dei servizi postali, anche in Settimo Torinese nel 1818 si
attivò un servizio postale di 4° classe dipendente dall'ufficio di Torino
(Direzione di Torino). Amministrativamente col Regio Editto dello stesso
anno la comunità faceva parte dei mandamento di Caselle e della provincia di
Torino. |
L'ufficio
fu dotato di un bollo lineare stampatello diritto, naturalmente sardo, che
risulta essere particolarmente difficile da reperire ed è da considerare
piuttosto raro. |
Il Vollmeier lo cita di colore rosso nel
settembre dei 1819 e poi in nero/nero acquoso dal novembre 1819 sino al
1850. Lo stesso autore cita anche un P.P. (dal 9.1819 al 1830).
Poiché questo fenomeno della difficile reperibilità dei bolli di Settimo si
ripeterà anche successivamente, la cosa è suggestiva di uno scarso
sfruttamento del servizio locale per l'ormai inveterata abitudine di
affidare la corrispondenza in partenza a qualcuno che andava a Torino. Le
occasioni certamente non mancavano per l'inoltro della posta (pensate al
carro con cavalli che quotidianamente trasportava le merci da e per Torino),
col che, tra l'altro, si risparmiava di certo perché la distanza diminuiva
(almeno sino alla riforma dei 1836).
Questa supposizione trova anche, forse, una conferma dal fatto che
nell'elenco degli uffici a provvigione dei 1836 Settimo non compare, avendo
un traffico postale alquanto ridotto.
Ma vediamo cosa dice un "Itinerario de' Regii Stati in terra ferma" del
1838, che descrive il luogo nel Viaggio da Torino a Ginevra per il Gran San
Bernardo. Per intanto la distanza da Torino era considerata di una posta e
mezza (“Mezza posta reale con reciprocità").
“Partendo il viaggiatore da Torino, varcata la Dora Riparia sul magnifico
ponte in pietra che vi si innalza, per la bella ed ampia strada che quinci
si svolge, egli arriva a
SETTIMO piccolo villaggio di 2730 abitanti con ufficio di posta e stazione
di carabinieri. Quivi s'innalzava l'ad Septimum dei Romani, perché solevano
i soldati trapassarlo senza fermarvisi, non rammentato negli antichi
itinerari i quali notano solo la stazione ad Decimum che sorgeva 800
trabucchi lontano fra questo villaggio e Brandizzo". |
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Nel 1840 il servizio postale di Settimo era
classificato come Distribuzione Comunale.
La lettera che appare in copertina è l'unico documento, che noi conosciamo,
con il disarmonico lineare in nero acquoso.
Si tratta di un foglio doppio prestampato per le Comunità della Provincia di
Torino. Inviato in data 22 maggio 1845 dalla Comunità di Settimo all'ing.
Grattoni di Torino; esso porta al retro. in inchiostro rosso, il datario
lineare 23 MAGG di Torino.
Le tariffe postali introdotte nel 1836 avevano apportato notevoli modifiche
sulle precedenti. Il calcolo delle distanze era fatto in Km e non più in
miglia e le distanze erano calcolate "a volo d'uccello", cioè in linea
d'aria. Fino a 23 Km la tariffa era di 10 centesimi, ma era ancora
consuetudine che si calcolassero in soldi e denari. La distanza tra Settimo
e Torino rientrava quindi nella prima fascia per cui la tariffa di 10
centesimi fu espressa in porto dovuto (la pagò l'ingegner Grattoni di
Torino) sotto forma della chiara cifra 2 sul frontespizio, equivalente a due
soldi.
In occasione della riforma postale dei 1.1.1851 la nuova classificazione
definì il servizio come Distribuzione di 2a classe (cioè comunale) alle
dipendenze della Direzione Divisionaria di Torino.
Fu in quel tempo che si introdusse il doppio cerchio (sardo), che alla
Distribuzione di Settimo venne fornito con la lettera C, caratteristica
appunto delle Distribuzioni comunali.
La scritta della corona era SETTIMO TOR.se / C. |
Secondo il Vollmeier esso non fu usato prima
dell'introduzione dei francobolli (1.1.1851) ed in effetti anche il Fontana
non ne conosce l'uso sulla 1° emissione di Sardegna, ma lo cataloga dalla
seconda emissione (1° ottobre 1853) in poi.
Anch'esso risulta notevolmente raro e quasi sempre male impresso e con un
inchiostro nero acquoso. |
Presentiamo un documento, col doppio cerchio in
data 29 febbraio 1852.
Su questo documento vi sono interessanti osservazioni tariffarie da fare,
oltre a quella della particolare data ricorrente solo ogni 4 anni,
trattandosi di anno bisestile. Tra l'altro il 29 febbraio era una domenica;
si comprende quindi che la lettera sia giunta a Buriasco, distante circa 60
km, solo il martedì. |
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Con l'introduzione dei francobolli (1.1.1851) e
la contemporanea riforma postale, la tariffa unica per il 1° porto (fino a
grammi 7 1/2), fuori distretto, era diventata di 20 centesimi.
Dapprima l'impiegato di Settimo (di cui conosciamo anche cognome e nome:
Gilardi Mattia) manoscrisse la cifra 2 (non più 2 soldi ma 2 decimi di lira
= cent. 20), poi controllò il peso della missiva che risultava di 8 grammi,
lo scrisse in alto a sinistra, barrò il 2 e appose quel segno che pare
simile a una “n” ma che significava 4, cioè 4 decimi di lira (cent. 40), che
era la tariffa dei secondo porto (da grammi 8 a 20) fuori distretto.
Il mittente contestò probabilmente il fatto (guardate che far pagare al
destinatario 40 centesimi nei 1852 non era poca cosa), forse ritagliò
qualche bordo dei fogli che componevano la missiva ed il tutto ritornò a
pesare grammi 7 1/2 oppure meno. Il nostro Gilardi Mattia barrò nuovamente
il 4 e la cifra 8 dei grammi e riscrisse la cifra 2, e tutti furono felici e
contenti.
In arrivo e sul frontespizio venne apposto il doppio cerchio BURIASCO D (la
D sta a significare che si trattava di una distribuzione mandamentale) in
data 2 marzo 1852, bollo anch'esso piuttosto raro a trovarsi nei primi anni
di quel decennio. La missiva giunse al sindaco che allora era Guidone
Romualdo.Qualcuno potrebbe anche chiedersi: Perché non si usarono i
francobolli? Perché sino a tutto il 1857 si permise ancora di optare tra le
vecchie abitudini, che erano quelle di spedire la corrispondenza a carico
dei destinatario, e le nuove regole che erano quelle di usare i francobolli
pagando in partenza il servizio, nella speranza che tutto andasse a buon
fine. |
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Quest’altrettanto rara lettera mostra la
combinazione del doppio cerchio su un cent. 20 della quarta emissione di
Sardegna in data 18 aprile 1857. Il francobollo venne ulteriormente
annullato con delle righe a penna per evitarne il riuso, essendo stato
colpito dal doppio cerchio in un angolino soltanto.
Per quanto riguarda le comunicazioni viarie, in quegli anni esisteva una
vettura pubblica da Torino a Vercelli e viceversa, che sostava a Settimo sia
all'andata che al ritorno. Sulla linea che possiamo definire internazionale,
la ROUTE DE MILAN (SERVICES JOURNALIER), al ritorno sia Brandizzo che
Settimo non fruivano della sosta.
Ciò, forse, spiega perché negli anni 1854 1855 fu soppressa la Stazione
della Posta dei cavalli in Settimo.
Con la riforma postale decorrente dal l° marzo 1861 Settimo Torinese
(provincia e circondario di Torino, mandamento di Caselle) vide il proprio
servizio postale riclassificato come Ufizio secondario'. E
contemporaneamente si attivò il servizio telegrafico.
Sul piano marcofilo il doppio cerchio ebbe lunga vita (quasi trent'anni).
Esso accompagnò il nuovo annullatore numerale a punti, il 2177, assegnato a
Settimo nel 1866 e poi ancora il successivo numerale a sbarre che sostituì
il precedente nel 1877. Purtroppo non siamo riusciti a trovare neanche un
documento per illustrare questo periodo (e chiediamo aiuto ai lettori).
Intorno agli anni '880 si fornì il primo bollo italiano con la denominazione
di Settimo: il grande cerchio senza provincia SETTIMO TORINESE con stellina.
Questo nominale accompagnò ancora l'uso dei numerale a sbarre fino agli anni
'890.
Il documento che riportiamo è, purtroppo, un intero postale da 10 centesimi
di Umberto dei 1888. Pur essendo in uso il numerale a sbarre, è datato
infatti 3 LUG 88, esso non veniva apposto sulle cartoline postali in quanto
non vi erano francobolli da annullare. Era previsto solo l'uso dei nominale
che venne apposto nell'apposito spazio circolare. |
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Dopo la scomparsa dei
numerale a sbarre il grande cerchio diventò un nominale annullatore come
dimostrato dal seguente documento dei 12 luglio 1893. |
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Il successivo mutamento
marcofílo fu dato dal passaggio al tondo riquadrato. Anche per questo bollo
annullatore non siamo riusciti a trovare un documento per illustrarlo, anche
se esso è regolarmente catalogato dal Gaggero.
Italo Robetti |
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